Bruno Lauzi (Asmara 1937 - Peschiera Borromeo 2006)

Bron era il soprannome con cui mi chiamava il mio amico Luigi.
Siamo stati compagni di banco al Liceo Doria ed abbiamo trascorso pomeriggi indimenticabili sul terrazzo lungo e stretto di casa mia nel quartiere della Foce.
L’alternativa spesso era quella di andare a strimpellare nel soppalco dell’enoteca ENOS gestita dai Tenco, io il banjo e lui il clarino facendo finta di studiare.


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Sono nato all’Asmara, all’epoca colonia italiana sul suolo d’Africa ma ho trascorso l’infanzia e gran parte della gioventù a Genova dove The Little Square, la piazzetta a metà di Via Cecchi nella quale ci riunivamo era un microcosmo per noi che, vicini di casa eravamo sul punto di minare le certezze degli affermati autori di canzoni dell’epoca attirando l’attenzione di Nanni ricordi che ci chiamò a Milano dietro le insistenze dell’amico Gian Franco Reverberi che con Giorgio Calabrese sono stati i nostri méntori.

Umberto, Luigi, io, Fabrizio e Gino, ci defiscono impropriamente la “scuola genovese” perché nessuno di noi ne è stato il maestro; abbiamo trovato la fama lontano dalla nostra città cantandola con il desiderio di tornare.
Io Genova l’ho lasciata per Varese dove mio padre fu trasferito e sebbene studiassi prima da interprete e poi alla Facoltà di Legge, a due esami dalla laurea lasciai i libri per seguire la mia strada.
A Milano conobbi amici come Enzo Jannacci, al Derby mi esibii con Cochi e Renato, Lino Toffolo e divenni noto come attore e cantante.


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Nel gennaio del ’67 un ex compagno di scuola mi avvisò che Luigi se ne era andato e io non volli accompagnarlo al suo riposo tra i filari delle viti, laggiù nella sua valle ma preferii rimanere in disparte lontano da quel clamore e dai pettegolezzi che si cominciarono a fare intorno a lui.
Sul finire degli anni ’60 cominciai le tournées internazionali, una con Mina, conobbi Lucio Battisti e Mogol ed arrivai alla Numero Uno.
Le mie canzoni vi hanno accompagnato nel tempo e di certo ricorderete: e penso a te, amore caro amore bello e vi sarete divertiti al ritmo di O’ frigideiro, molti brani li ho scritti per altri come Piccolo Uomo, Lo straniero, L’appuntamento. E poi l’avvocato Conte mi chiamò a cantare Onda su onda e Genova per noi.

Ho percorso un cammino fortunato fino a quando Mr. Parkinson si è messo di traverso ma con la tenacia che mi è sempre stata propria gli ho dato filo da torcere.
E se avessi potuto fermare il tempo di certo lo avrei fatto quel grigio mattino quando sotto casa diedi l’addio al mare, sulla spiaggia della Foce dove ho condiviso i sogni di fuga con Luigi.


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Testo di Laura Monferdini